TREVISO, OTTOBRE 2019
Tra le diverse soluzioni poste a disposizione del nostro ordinamento per gestire il passaggio generazionale delle imprese, la donazione è certamente una delle più classiche, anche se in molti casi non risulta essere tra le più funzionali, sia per quanto riguarda la tranquilla pianificazione dell’allocazione del patrimonio (occorre infatti tenere in considerazione i rischi di azioni di riduzione nel caso in cui fosse stata lesa la legittima), sia per quanto riguarda i profili fiscali, che presentano una serie di vincoli e complicazioni operative non trascurabili.
Nel presente intervento mi dedico a valutare i requisiti per accedere ai benefici previsti, tanto sotto il profilo dell’imposta sulle successioni e donazioni, quanto sotto il profilo delle dirette.
Neutralità ed esenzione
Sotto il profilo delle imposte dirette, l’articolo 58, comma 1, secondo periodo, Tuir prevede che “il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda stessa”.
Ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni l’articolo 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/90 dispone che “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile”. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguono l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso”.
Già in prima battuta, confrontando l’ampiezza delle due disposizioni, si nota che questa seconda, relativa all’imposta sulle successioni e donazioni, è certamente più articolata. Si tratta di una esenzione che riguarda, oltre all’azienda, a determinate condizioni, anche i trasferimenti di quote ed azioni.
Va peraltro immediatamente osservato come gli effetti delle due previsioni siano diversi: mentre per l’eventuale imposizione indiretta l’agevolazione si trasforma in una esenzione dal prelievo, ai fini delle imposte sul reddito il beneficio risiede nella neutralità del trasferimento, ossia nella sospensione degli effetti fiscali del trasferimento. L’articolo 58 stabilisce inoltre che in capo al donatario “l’azienda è assunta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo al dante causa”: la continuità tra posizione del donante e posizione del donatario comporta un trasferimento, oltre che dell’azienda anche della relativa fiscalità latente.
Quando il donatario cederà i beni compresi nell’azienda ricevuta, emergeranno i plusvalori, con il relativo carico fiscale.
La continuità
Questa osservazione ci porta a valutare una ulteriore differenziazione tra le due forme di prelievo, quello relativo alla continuità dell’attività.
Ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, l’esenzione è infatti subordinata all’impegno dei donatari / eredi a proseguire l’attività d’impresa per un determinato periodo di tempo, fissato nel quinquennio.
Quando si intende valutare l’applicazione della neutralità ai fini delle dirette, si nota immediatamente come la norma non pretenda un medesimo impegno; pertanto, i donatari potranno alienare liberamente l’azienda, realizzando in tale momento le plusvalenze latenti, ma lasciando inalterata la neutralità del passaggio dal donante al donatario.
Il fatto che il Tuir non pretenda la continuità dell’esercizio d’impresa in capo al donatario è confermato dalla specifica previsione contenuta nell’articolo 67, comma 1, lett. h-bis, che prevede l’imposizione appunto come redditi diversi delle “plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione, anche parziale, delle aziende acquisite ai sensi dell’articolo 58”.
In applicazione di questa previsione, quindi, un plusvalore che era rimasto latente nel trasferimento dal donante al donatario dell’azienda, viene ad essere tassato in capo a questi, evitando così che vi sia un salto di imposta.
La disciplina richiamata si occupa di individuare il trattamento della partecipazione del donatario quale reddito diverso, evidentemente nel caso in cui l’azienda non sia esercitata dal donatario.
Qualifica dei donatari
Va inoltre osservato come le due disposizioni evidenzino una divergenza anche in termini di qualifica del donatario:
- mentre l’esenzione per l’imposta sulle successioni e donazioni rileva a condizione che i destinatari siano il coniuge o i discendenti,
- medesimo requisito non è preteso per la neutralità ai fini delle imposte dirette. Il trasferimento avviene senza emersione di plusvalenze latenti indipendentemente da chi sia il beneficiario designato dal disponente.
Un vincolo dei destinatari era in passato presente anche nel Tuir, ma con il D.Lgs. 344/03 venne eliminato; sul punto peraltro consta anche la posizione dell’Agenzia delle entrate espressa nella RM 341/E/07, secondo cui l’articolo 58 “intende favorire il passaggio generazionale dell’azienda, sia a titolo di donazione che a titolo di successione per causa di morte da parte dell’imprenditore individuale a soggetti terzi persone fisiche, indipendentemente dal grado di parentela o dal rapporto di coniugio che intercorre con il beneficiario del trasferimento dell’azienda o del ramo d’azienda”.
In realtà, il riferimento che il documento di prassi fa al donatario persona fisica è “impreciso”, in quanto la disposizione non stabilisce affatto che il beneficiario debba necessariamente essere una persona fisica: potrebbe quindi essere anche una società.
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