Treviso, Agosto 2019
Crisi di impresa, sindaci responsabilizzati dai nuovi obblighi
(tratto da il sole 24 ore del 27.10.2019)
L’assetto preventivo cui è improntata la riforma della crisi d’impresa è fondato, da un lato, sugli obblighi organizzativi che incombono sul soggetto responsabile dell’amministrazione, dall’altro, sugli obblighi di segnalazione dello stato di allerta.
In relazione a tali obblighi, si assiste alla responsabilizzazione degli organi di controllo della società, in particolare dei sindaci. Questi, infatti, ai sensi dell’articolo 14 del Ccii hanno, nell’ambito delle proprie funzioni, anzitutto l’obbligo di vigilare sull’operato degli amministratori con particolare riferimento alla valutazione degli assetti organizzativi.
I controlli imposti dal Codice riguardano l’adozione di assetti organizzativi adeguati, la sussistenza dell’equilibrio economico e finanziario dell’impresa, il prevedibile andamento della gestione e la presenza di fondati indizi di crisi. La funzione di vigilanza può essere però condensata nel controllo riguardo l’organizzazione e nella denuncia di un principio di crisi: le ulteriori due attività (controllo dell’equilibrio economico-finanziario e previsione di andamento) hanno carattere strumentale.
Non si tratta, invero, di obblighi assolutamente inediti: già la riforma delle società di capitali del 2003 aveva imposto al collegio sindacale di vigilare, fra le altre cose, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento (art. 2403 c.c.).
L’articolo 14 prevede, altresì, l’obbligo di prontamente segnalare all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi della crisi, invitandolo a riferire in tempo breve (meno di trenta giorni) sulle iniziative che intende intraprendere. I sindaci dovranno, successivamente, vigilare sulla concreta attuazione di queste iniziative. In caso di omessa o inadeguata risposta da parte dell’organo amministrativo, ovvero di mancata adozione nei successivi sessanta giorni delle misure ritenute necessarie per superare lo stato di crisi, i sindaci dovranno effettuare una segnalazione all’OCRI, in modo che la crisi stessa venga gestita esternamente all’impresa.
Il sistema dei controlli interno ed esterno garantisce così che la prevenzione di possibile crisi future e la salvaguardia della continuità d’impresa non sia lasciata alla sola buona volontà di chi amministra l’impresa.
Gli obblighi che gravano sui sindaci non rimangono privi di sanzione. Dal momento che si tratta di obblighi di legge, il loro inadempimento è fonte di responsabilità dell’organo sindacale secondo la disciplina generale del codice civile (art. 2407 c.c.).
Il collegio sindacale risponde anzitutto per totale omissione di controllo, che costituisce inadempimento tout court dell’obbligo di legge imposto dall’art. 2403 c.c. e specificato dall’art. 14 c.c.i.i. Il collegio risponde, inoltre, nel caso in cui non abbia vigilato in modo opportuno riguardo l’adozione di assetti organizzativi risultati poi inadeguati. In questo caso il collegio potrebbe non essere rimasto del tutto inerte, tuttavia, nonostante la sua attivazione, l’assetto societario potrebbe risultare inadeguato.
Come è noto, la mera inadeguatezza organizzativa non è però da sola foriera di responsabilità dell’organo amministrativo, poiché l’azione di responsabilità prevista dall’art. 2392 c.c. richiede – oltre all’elemento soggettivo minimo della colpa – la presenza di un danno eziologicamente collegato alla violazione degli obblighi di diligenza.
Conseguentemente anche i sindaci saranno chiamati a rispondere solo qualora la lesione di diritti o interessi giuridicamente rilevanti sia connessa a una vigilanza inadeguata da parte del collegio sindacale. L’art. 2407, co. 2, c.c. prevede, infatti, la responsabilità solidale dei sindaci per il fatto o l’omissione degli amministratori quando questo dipenda da un difetto in vigilando.
L’ampiezza dello spettro di responsabilità del collegio desunto dalla disposizione incontra, tuttavia, un limite: dalla formulazione dell’art. 14 può desumersi che il controllo sulla organizzazione non si estenda a un vaglio sul merito delle cautele predisposte. Le norme di comportamento elaborate dal Cndcec hanno, sul punto, precisato che è dovere del collegio sindacare le misure organizzative secondo un giudizio sul metodo e non sul merito.
La responsabilità solidale viene meno anche nel caso previsto dall’art. 14, co. 3, c.c.i.i., ai sensi del quale la segnalazione tempestiva all’organo amministrativo circa l’insorgenza della crisi esonera il collegio sindacale da qualsiasi responsabilità successiva per le azioni o omissioni del predetto organo. Si tratta con ogni evidenza di un meccanismo di incentivo, rafforzato dalla ulteriore previsione della impossibilità di revoca dell’incarico dei soggetti segnalanti.
La regola rappresenta una specificazione del principio posto dall’art. 2407, co. 2, c.c., giacché la segnalazione corrisponde all’adempimento di un dovere del collegio; infatti, lo stesso art. 14, co. 3, c.c.i.i. non esclude la responsabilità per altre omissioni dell’organo precedenti alla segnalazione.
La disposizione del nuovo Codice tuttavia conserva un tratto di specificità nell’esonerare il soggetto vigilante che segnali lo stato di crisi imminente da qualsiasi responsabilità futura, benché non direttamente connessa con le mancanze oggetto della segnalazione.
Due forme di responsabilità per le diverse violazioni
(tratto da il sole 24 ore del 27.10.2019)
Nei confronti del collegio sindacale, come noto, sono ipotizzabili due diverse tipologie di responsabilità con riguardo all’adempimento dei propri doveri.
La prima, cd. “esclusiva”, è quella relativa alla violazione degli obblighi di verità delle proprie attestazioni e di conservazione del segreto sui fatti e sui documenti di cui abbia avuto conoscenza nell’espletamento del mandato. Si tratta di una responsabilità che discende da atti commissivi che causino un danno la cui esistenza ed entità deve essere provata da colui che la invoca.
La seconda, cd. “omissiva”, è riferita a tutte le violazioni del dovere di vigilanza sugli atti compiuti dagli amministratori. Rispetto a questo secondo profilo di responsabilità, al collegio sindacale spetta controllare che l’attività di gestione corrisponda ai canoni della corretta amministrazione e sia conforme ai generali criteri di razionalità economica, secondo un modello di controllo già definito di legittimità sostanziale. In base al principio della c.d. “business judgment rule”, invece, la vigilanza non può estendersi alla valutazione del merito delle scelte gestionali.
La responsabilità dei sindaci ha natura solidale con quella degli amministratori, ai sensi dell’art. 1292 c.c. e tale vincolo sussiste – tanto quando la responsabilità sia contrattuale, quanto ove essa sia extracontrattuale – anche se l’evento dannoso sia collegato da nesso eziologico a più condotte distinte, ciascuna delle quali abbia concorso a determinarlo, restando irrilevante, nel rapporto col danneggiato, la diversa valenza causale.
È ricorrente in giurisprudenza l’affermazione per cui la responsabilità dei sindaci per inosservanza del dovere di vigilanza è configurabile nei casi in cui essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunziando i fatti al P.M. per consentirgli di provvedere ai sensi dell’art. 2409 c.c. (Cass. civ. n. 16314/2017; Cass. civ. n. 13517/2014).
Non è necessario, infatti, che il collegio sindacale venga meno a un proprio dovere tipico quando si è in una situazione come quelle accennate, presumendo che l’attivarsi dei sindaci, o addirittura la semplice minaccia di attivarsi da parte loro, avrebbe potuto essere idonea a evitare le conseguenze dannose della condotta di gestione (Cass. civ., n. 24362/2013).
Parimenti, la semplice mancata formulazione di rilievi critici su poste di bilancio palesemente ingiustificate ed il mancato esercizio di poteri sostitutivi, che avrebbero condotto ad una più sollecita dichiarazione di fallimento, è sufficiente a predicare la responsabilità del collegio sindacale (Cass. civ., n. 23233/2013).
L’ampiezza dello spettro di responsabilità dei sindaci è giustificata in relazione alla molteplicità e potenzialità degli strumenti di cui dispongono nell’adempimento del loro ufficio (artt. 2403 bis e ss. c.c.). Di conseguenza, non è nemmeno sufficiente un’attività di controllo meramente cartolare; è invece necessario che i sindaci facciano impiego di tutti i poteri di cui la legge li dota per la verifica della corrispondenza della situazione risultante dai documenti contabili allo stato effettivo della società.
La vigilanza del collegio sindacale non può limitarsi, pertanto, ad un controllo di alta vigilanza meramente formale (Corte Appello Venezia, 22 marzo 2018); né l’obbligo di vigilanza può esaurirsi in semplici ammonimenti diretti all’organo amministrativo(Trib. Roma, 28 dicembre 2017).
Con riferimento specifico alla responsabilità relativa all’omessa vigilanza sugli assetti organizzativi, la Suprema Corte ha affermato, sempre in ragione dell’ampio strumentario di poteri di controllo attribuiti dalla legge al collegio sindacale, che gli obblighi di vigilanza si traducono in obblighi di ricerca di informazioni e perciò non possono ritenersi esonerati i sindaci che abbiano accolto passivamente il deficit informativo (Cass. civ., n. 31204/2017).
I sindaci non possono opporre la complessità dell’organizzazione della società (specie ove si tratti di società finanziarie o bancarie): essi rimangono responsabili in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria a titolo di concorso omissivo quoad functione, ossia meramente in ragione del loro ufficio (Cass. civ., n. 6037/2016, Cass. civ., n. 20437/2017, Cass. civ., n. 1529/2018).
I sindaci sono tenuti, in particolare, a verificare l’operato degli amministratori con continuità, senza limitarsi, come detto, a una vigilanza meramente formale, affinché l’organo gestorio, nell’organizzare ciascuna area della struttura aziendale, agisca con competenza e nel rispetto delle procedure di gestione dei controlli interni. La posizione che essi rivestono nella compagine sociale fa sì che essi rispondano per qualsiasi carenza organizzativa in ragione del loro obbligo di vigilanza e, nel caso di società esercenti l’attività bancaria, dell’obbligo di segnalazione alla Consob.
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